Al cinema Ratti di Legnano si ricorda la rivoluzione ucraina, ormai al 3° anniversario. Giacomo Centonze e Dana Yashchuk, studenti di scienze politiche e fondatori del sito ucrainanews.it, hanno affittato la sala cinematografica per proiettare“Winter on Fire”, il documentario prodotto da Netflix che parla proprio della rivoluzione ucraina. Ingresso libero
È il novembre del 2013, l’Ucraina è ufficialmente indipendente da più di vent’anni, ma, mentre i cittadini guardano a Ovest e a un accordo di libero scambio con l’Unione Europea, il premier Janukovyc guarda a Oriente, a un prestito economico dalla Russia. Quando la firma dell’accordo con l’UE salta, annullando la più cruciale delle promesse elettorali, la popolazione di Kiev scende in piazza Maidan (già teatro della cosiddetta rivoluzione arancione del 2004). Un messaggio su Facebook e in poche ore i manifestanti divengono centinaia, poi migliaia, decine e centinaia di migliaia, in ansia per il futuro dell’economia.
Winter on Fire racconta quei novantatré giorni, a cavallo del Capodanno, in cui una generazione cresciuta libera ha lottato strenuamente per rimanere tale, per scongiurare l’avvento di uno stato di polizia, per affermare il diritto a destituire un governante sulla base dello stesso patto democratico che ha portato alla sua nomina.
È un racconto che comincia con il diritto, prosegue con la resistenza e finisce col (primo) sangue. Il racconto dei giorni che hanno sconvolto l’Ucraina e che, afferma tacitamente il montato, dovrebbero sconvolgere altrettanto chi assiste a quella cronaca, per quanto al sicuro, dall’altra parte dello schermo. Ed è quello che succede, non si può certo restare indifferenti di fronte all’escalation del faccia a faccia tra la moltitudine di ucraini di diverse età, lingue e religioni, da una parte, e le forze dell’ordine dall’altra, e all’assassinio di massa da parte di quest’ultime dei compatrioti disarmati. Afineevsky, che è un regista solido ed esperto, sa quello che vuol fare: nessuna analisi politica, nessuna ricapitolazione storica, solo raccontare il momento, la sua energia, rigorosamente dall’interno e da una parte della barricata.
Le riprese sono tutte di prima linea, ben ancorate ai luoghi dell’accaduto e testimoni ravvicinate di cortine di fumo, notti di ghiaccio, scene di coraggio e di morte senza filtri. Al di là del valore informativo e dell’aderenza a quello che è ormai un genere in auge, il documentario politico sul campo, le riprese di Afineevsky sollevano anche una serie di domande che vanno oltre il focus specifico ucraino. Perché sono immagini nuove e allo stesso tempo appena viste, nelle quali si mescolano le tendopoli di Occupy Wall Street e gli abusi del G8 genovese, l’entusiasmo di piazza Tahir e l’orrore del conflitto ex jugoslavo.
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